(Foto di Alexas_Fotos da Pixabay)

Cavalli ed emozioni. Viaggio all’interno di un’attività di mediazione equestre.

Testo di Michele Marconi per Adolescenza InForma

Dario, Luca, Francesco e molti altri, sono ragazzi che vanno a scuola, ascoltano musica, organizzano feste e litigano con i loro genitori, amano, praticano varie discipline sportive, sono adolescenti come tutti gli altri, ma accomunati da una passione intensa, il cavallo, per il quale si ritagliano uno spazio settimanale fra i molteplici impegni per, come lo definiscono loro, “ossigenarsi”. Corte Molon, dove svolgo l’attività è a due passi dal centro, e lo stile che caratterizza i nostri incontri non risponde a statuti formali o cosa peggiore competitivi, ma vede un modo di fare equitazione che parte da un ascoltarsi e ascoltare il cavallo, per rivedere il nostro modo di relazionarsi con il mondo.

Il cavallo è un essere senziente, capace di smuovere quelle staticità che talvolta opacizzano il quotidiano, una noia motivazionale che deprime i vari impulsi sulla realtà concreta. L’emotività che nasce da un’esperienza mediata da questo animale permette di entrare nel mondo delle nostre emozioni e ci invita a conoscere meglio noi stessi, opera per incentivare una capacità costruttiva di rimetterci in discussione, migliorando i nostri rapporti interpersonali. L’emozione è un fenomeno interno che genera sentimenti dinamici esterni.

Piaget sostiene che l’emotività costituisce probabilmente la fonte energetica da cui dipende il funzionamento dell’intelligenza, le emozioni quindi rivelano la loro capacità di interpretare e valutare la realtà. In troppi campi della vita sociale si considerano le persone per la loro capacità di emulare modelli collocando l’individuo in uno schema gerarchico; le persone diventano personaggi e si antepone la prestazione alla relazione, alterando l’immagine che abbiamo di noi stessi e lasciandoci un senso di disagio.

L’esperienza con il cavallo, e non sul cavallo, prende le distanze da ogni criterio di valutazione, e si concentra nello sperimentare l’armonia con il proprio modo di essere, anche nell’accettazione dei propri limiti. Il riconoscimento e la cura del proprio contatto emotivo, amplificato dalla percettibilità sensoriale, diventa significante per l’elevato contenuto affettivo; le differenze individuali lasciano il posto alle risorse personali e ne scaturisce una adesione partecipata al proprio processo di crescita personale.

Nell’immaginario collettivo il cavallo precede, a livello simbolico, un “saper essere” rispetto ad un “saper fare”, la tecnica è in funzione per acquisire un nuovo modo di sintonizzarsi con la realtà circostante colmando il divario che in certe situazioni si crea fra le mutue aspettative.

 

Il cavallo e la relazione

Il cavallo, preda per natura, ci aiuta ad acquisire un nuovo modo relazionale in quanto è necessario far tabula rasa del nostro paraverbale. Se il nostro agire è spento, per compiacimento personale verranno innescate aree che attivano energie inedite; se il nostro “stare” risulta essere troppo “irruento”, per antagonismo e forza muscolare il cavallo ha la meglio, inducendo anche in questo caso a rivedere il nostro comportamento.

Il nostro fare sarà coniugato con il nostro essere, cercando di entrare in contatto con il suo linguaggio attraverso una grammatica dei comportamenti empatica e rispettosa dell’altro.

Inoltre un ampio spazio di lavoro interattivo è mutuato dal rispecchiamento che riflette la nostra mascolinità o femminilità nell’andare a cavallo. Il modo in cui ci si rapporta con l’animale denota le nostre peculiarità, favorendo una consapevolezza nuova. E’ facilmente osservabile che la figura maschile, per citare un esempio, si avvicina all’equide con le mani aperte e il dorso rivolto verso l’alto, per analogia con i predatori, la figura femminile invece con il palmo aperto.

La riflessione che nasce spontanea è nell’ambito di come ci confrontiamo con gli altri! Come sottolineato, la tecnica equestre è il punto di giuntura fra le emozioni che nascono e le sensazioni che entrano, come dimostrano le neuroscienze. La voce, il dialogo tonico e l’intenzionalità dei gesti, trovano applicazione ed espressione nelle tre fasi del:

Teaching:
  • Conoscenza dell’ambiente (Scuderia, box, paddock)
  • Selle, bardatura, elementi di etologia
Grooming:
  • Finimenti
  • Governo alla mano/lunghina
Riding:
  • Gestione del cavallo in sella
  • Aiuti naturali (mani, gambe, voce, assetto)

Il movimento del cavallo all’andatura del passo, riproduce fedelmente il cammino analitico in tutte le sue proiezioni spaziali con frequenze simili a quelle delle deambulazione umana. Se volessimo comporre le forze che agiscono sul baricentro del cavallo, e di riflesso sulla persona in sella, potremmo valutare:

  1. Un movimento laterale sul piano frontale
  2. Un movimento latero-posteriore sul piano sagittale
  3. Un movimento con componenti rotazionali sul piano orizzontale

Queste dinamiche favoriscono l’attivazione di alcuni canali di stimolazione:

  • Fisico: forza, coordinazione, capacità cinestetica, propriocezione nella ricerca dell’equilibrio
  • Cognitivo: sviluppo dello schema corporeo, ripetuti esercizi di lateralità, riproduzioni nello spazio e nel tempo, M.B.T.
  • Psichico: soddisfazione, disciplina, autocontrollo, autocoscienza

In chiusura l’esperienza ci permette di affermare che la stimolazione, la crescita emozionale e l’autostima, promuovono efficacemente la qualità della vita attraverso uno star bene generalizzato.

Michele Marconi – COMPETENZE E.N.G.E.A.: QUADRO TECNICO EQUITURIST – E.R.D. IN FORMAZIONE C/O UNIVERSITÀ DI VERONA

Share This