Testo di Claudia Compiani per Adolescenza InForma –

Dal Corriere la notizia che Aurora Ramazzotti, attualmente popolare 23’enne, ha deciso di postare sul suo profilo Instagram una foto del proprio volto senza ritocchi, mettendo a nudo le imperfezioni e la vulnerabilità della pelle del suo viso. La giovane sostiene di non voler sottostare completamente alle logiche competitive e di finzione, né lasciarsi invadere dalla mania del controllo e della perfezione. Scelta alquanto audace in un mondo social interconnesso dove le immagini di sé, condivise, giudicate e seguite, sono accuratamente selezionate e filtrate per veicolare un’impressione ideale che si vuole offrire al proprio e all’altrui sguardo.

Non serve essere esperti di ottica o fotografia. Ormai ci sono moltissime e immediate applicazioni di editing; i programmi stessi di visualizzazione delle immagini sono già dotati della funzione di modifica delle stesse. Perché immettere un’immagine, soprattutto la propria, così com’è – sapendo che circolerà e permarrà in rete – se possiamo migliorarla attraverso semplici ritocchi, filtraggi, ritagli, saturazioni e contrasti di luce?

Immagine di sé

Le immagini si prestano a seguire canoni estetici vòlti alla raffigurazione di certi ideali; da qui la necessità di ritocchi e correzioni, per farle apparire superiori rispetto al banale o all’imperfetto. L’insieme di queste possibilità di modifica è connaturato all’uso dei social media e investe la pubblicazione delle immagini, in special modo quelle relative all’immagine di sé. 

Le diverse piattaforme social sono strutturate a partire dalla funzione di semplici icone vettorali che rendono possibile la condivisione e la valutazione delle immagini, al punto che, icone social come queste, sembrano ormai determinare in anticipo il modo stesso con cui ci rapportiamo ai contenuti che andremo a pubblicare.

Possono essere postate immagini o brevi clip video di ogni tipo e svariato contenuto, ma saranno quelli considerati migliori, più belli o divertenti, ad attirare l’attenzione di chi le scorre, nonché a permettere influenza e commenti, tag, liking, sharing e following. 

Corpi, volti, forme, pose, la loro opaca banalità può essere arricchita, filtrata, modificata nelle luci, nei contorni, nelle forme. Ciò abitua lo sguardo online a un’ideale di perfezione, controllo e bellezza che, per contrasto, può ripagare con un maggior senso di insicurezza e delusione gli incontri offline, rendendo ancora più problematico e ossessionante il complesso rapporto narcisistico con se stessi. Ossessioni di perfezione e controllo di tal ordine, rispetto all’immagine di sé, si riscontrano a qualsiasi età, ma è certamente in fase adolescenziale che il fenomeno tende ad assumere spessore.

Singolare e differente

Il problema non è desiderare di migliorare o tendere a ideali di stile o di bellezza, nemmeno imparare a utilizzare programmi di editing, innovarsi, esprimersi ed essere creativi, quanto piuttosto il rendersi conto, in ogni caso, che i processi di formazione dell’ideale sono sempre inseriti e determinati dalla società e dalla cultura di riferimento. Inoltre un ideale può rimanere statico per molto tempo, fino a che un’altra forma idealizzante non imporrà nuovi canoni iconografici. Forse è possibile accostarsi alla staticità immobile e perfetta dell’immagine ideale e restituirla al flusso reale del movimento, imparando ad accettare la singolarità sempre differente della propria immagine nel suo essere anche banale, comune e vulnerabile.

Scorgere la bellezza plastica e vitale del proprio corpo – soggetto quotidianamente al divenire e ai cambiamenti, impercettibili o appariscenti che siano – nelle sue manifestazioni incontrollate, nelle sue consistenze di forma e di peso, nelle sue irritazioni cutanee, nelle sgualciture e nelle pieghe, nelle venature, nelle rughe e negli arrossamenti, scorgerlo e mostrarlo, infine, così com’è

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