Testo di Claudia Compiani per Adolescenza InForma. Immagine tratta da Black Mirror.

 Anonimato – squilibrio di potere

Lo schermo dell’anonimato, attraverso l’utilizzo di user-id, alterego virtuali o nickname, posiziona l’esecutore di cyberbullismo a una certa distanza rispetto alla vittima-bersaglio, verso cui, non ricevendo feedback immediati (contatto visivo o di parola), non si attivano forme di inibizione, tantomeno risposte identificative o di mirroring. La mediazione dallo schermo garantisce una certa sensazione di protezione e rafforza, in questo modo, le azioni presunte anonime − seppure ogni uso dei dispositivi lasci traccia del proprio funzionamento. Si determina uno squilibrio di potere che si fonda non tanto sul dislivello di status sociale o sulla forza fisica (tra vittima e bullo/gruppo dei bulli), quanto sulla forza stessa garantita dall’anonimato, la quale genera un elevato senso di sicurezza: chiunque può diventare un potenziale perpetratore o, d’altro canto, una vittima. Lo squilibrio di potere si genera anche solo quando qualcuno possiede materiale imbarazzante sull’altro che può essere pubblicato online in qualsiasi momento e in ogni luogo, con un semplice tocco.

(Potenza dell’anonimato. Scena tratta da Black Mirror 3, 3°episodio: Shut Up and Dance)

 Accessibilità – Disponibilità 

Dopo l’immissione in rete anche l’autore della pubblicazione perde il controllo sulla circolazione dei contenuti offensivi, diventando disponibili a un numero illimitato di destinatari (si considerino le piattaforme dei social network o quelle di video sharing come youtube, o ancora le chat rooms collettive). Post, commenti, immagini, video di derisione e di offesa, riferiti ai soggetti-bersaglio, rimangono accessibili virtualmente a tutti e possono pertanto essere visti/letti ripetutamente, copiati e condivisi con facilità. Per disponibilità si intende la possibilità di accesso costante alla rete: in ogni momento (si può scorrere su Internet durante l’intero arco della giornata, anche di notte) e in ogni luogo (smartphone, pc, tablet sono portati sempre con sé). L’accesso a una connessione costante determina un’infiltrazione persistente del danno che va a insistere sulla soggettività-vittima con effetti amplificati: angoscia, vergogna, umiliazione. 

 Diffusione – pubblico

L’amplificazione del danno è alimentata dalla velocità di diffusione e riproducibilità con cui il materiale si trova a circolare online. La possibilità di scaricare contenuti pubblicati da qualsiasi utente rende ancor più difficile il tentativo di arginare il fenomeno, di oscurare/eliminare definitivamente i contenuti, che possono essere reimmessi facilmente in circolazione. Il pubblico, facilmente raggiungibile data l’accessibilità all’interconnessione, diventa enormemente ampio: testimone invisibile che amplifica l’imbarazzo della vittima, rimanendo passivo (spettatore) o attivo (scarica o condivide nuovamente i contenuti). 

 Permanenza – persistenza

La persecuzione non si arresta nel momento in cui la vittima lascia il luogo condiviso con i bulli, poiché la connessione è costantemente accessibile e i contenuti, non facilmente cancellabili, persistono in rete. Le informazioni, le visualizzazioni e i dati digitali rimangono potenzialmente sempre disponibili, a portata di mano; si spostano e circolano in quello spazio che connette le distanze mediante una presenza e un presente permanente. Scivolamento continuo dei post, tra un’immagine all’altra, scorrere, tutto è veloce nelle pagine virtuali, qualcosa ti colpisce, lo contrassegni e poi passi ad altro, ad altre connessioni, ad altri link. Tempi veloci in cui tutto virtualmente coesiste e permane sotto gli occhi: si mantiene memoria in rete – memoria che pesa sempre sulle vittime. Tale mantenimento di una memoria che non passa sarebbe propriamente la cifra della virtualità per il filosofo Gilles Deleuze:

«Sappiamo che il virtuale in quanto tale possiede una realtà; quest’ultima, estesa a tutto l’universo, consiste in tutti i gradi coesistenti di distensione e contrazione. Memoria gigantesca, cono universale in cui tutto coesiste insieme a differenti livelli di vicinanza».

Bibliografia

Cosseron F., Adolescent and cyberbullying: Psychopathological marker, in «Annales Me´ dico-Psychologiques» vol. 176, pp. 286-290, 2018.

Deleuze G., Il bergsonismo e altri saggi, Einaudi, Torino 2001.

Grandi C., Il “reato che non c’è”. Le finalità preventive della legge n. 71 del 2017 e la rilevanza penale del cyberbullismo, in «Studium Iuris» vol. 12, 2017.

Pisano l., saturno m. e., Le prepotenze che non terminano mai, in «Psicologia Contemporanea» vol. 210, pp. 40-45, 2008.

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